Bullismo - seconda parte
IL BRANCO - IL BULLISMO COME FENOMENO SOCIALE
Il bullismo è tipicamente un fenomeno sociale, nella grande maggioranza degli episodi infatti, dietro al bullo che mette in atto i comportamenti aggressivi c’è tutto un gruppo
che in qualche modo supporta il suo leader nel comportamento negativo. Basta una risata o anche solo un silenzio/assenso da parte dei membri del gruppo per rinforzare nel bullo l’atteggiamento aggressivo!
Le dinamiche interne di un gruppo sono complesse e spesso amplificano i comportamenti negativi e le loro conseguenze. Un’importante componente della nostra identità infatti è l’identità sociale, ovvero l’identità che costruiamo tramite l’appartenenza a determinate categorie (una squadra di calcio, l’appartenenza politica, la posizione sociale o lavorativa, l’appartenenza etnica, la religione…). Tutti noi apparteniamo a qualche “gruppo” o “categoria” a noi rilevante, e l’appartenere ad un determinato gruppo piuttosto che ad un altro ha delle conseguenze su come vediamo l’out-group, ovvero tutti coloro che fanno parte di gruppi diversi. Chi appartiene ad un determinato gruppo infatti tende a massimizzare le somiglianze tra i componenti del proprio gruppo e massimizzare in chiave critica le differenze con chi invece appartiene a categorie contrapposte. Le persone confrontano continuamente il proprio gruppo (ingroup) con l'outgroup di riferimento, con una condotta marcatamente segnata da vizi valutativi in favore del proprio ingroup. Il proprio gruppo viene implicitamente considerato "migliore" rispetto agli "altri", che vengono metodicamente svalutati o confrontati in chiave critica, per preservare la nostra identità sociale.
Nel caso specifico del bullismo, il fenomeno di costruzione del “noi vs voi” viene sostituito dal “noi vs lui”, un’altra dinamica tipica del gruppo infatti è la diffusione di responsabilità, un fenomeno sociopsicologico per cui una persona ha meno probabilità di assumersi le responsabilità di un’azione quando è immersa in un gruppo. Questo perché il gruppo porta ad una “deindividuazione” in cui non sono più io singolo ad agire ma siamo noi come gruppo. Il bullo quindi, agendo come leader di un branco tende a minimizzare e ignorare i propri comportamenti aggressivi e le loro conseguenze e ad assimilarli a quelli del gruppo: “tutti stanno insultando questo ragazzino, non sono io!”. La diffusione di responsabilità mette momentaneamente da parte la nostra identità personale a favore di quella sociale.
Un’altra dinamica di gruppo rilevante nel fenomeno del bullismo è l’attribuzione dei ruoli. La formazione di un gruppo infatti prevede automaticamente l’attribuzione di un ruolo e di alcuni compiti per ciascun membro.
Il primo ruolo che emerge in un gruppo è quello del leader. Il leader è la persona che riesce ad influenzare sistematicamente le decisioni e le direzioni che il gruppo prende. La scelta di un determinato leader in un gruppo di adolescenti può avvenire con criteri molto diversi: può essere la persona più grande di età, la più simpatica, la più attraente dal punto di vista fisico, la più disinibita, la più ricca dal punto di vista economico, la più carismatica e così via.
Un leader può essere positivo o negativo, nella delicata fascia di età dell’adolescenza, in cui per definizione i ragazzi cercano i propri limiti, sfidano il mondo adulto e le sue regole ed imposizioni, il fascino per le “cose vietate” è massimo, ed è quindi alto il rischio di trovarsi ad ammirare e seguire la persona che più incarna e rappresenta questa ribellione. Il bullismo in quanto fenomeno sociale è un esempio lampante della dinamica di un leader negativo che guida il suo gruppo contro un'altra persona valutata e connotata negativamente secondo i criteri di quel gruppo.
Andare contro il leader, differenziarsi dalla massa e prendere le distanze dal comportamento negativo di gruppo può essere molto difficile per un ragazzo. L’identità sociale infatti è un pezzo troppo importante del proprio sé (soprattutto in adolescenza) per metterlo a rischio, e muoversi controcorrente vuol dire mettere in discussione i valori fondamentali che definiscono quel gruppo e che ne determinano la stessa esistenza. Il gruppo esiste in funzione di uno scopo, di un obiettivo, della condivisione di valori comuni, “tradire” questi valori spesso implica l’uscita dal gruppo, un prezzo altissimo da pagare per un adolescente.
IL GRUPPO DI GIOVANI CONTRO L’ADULTO
5 novembre 2018. Dolzago, provincia di Lecco. Un uomo di 53 anni viene pestato a sangue da un gruppo di circa 15 ventenni dopo che aveva parlato con alcuni di loro chiedendogli di interrompere gli episodi di bullismo ai danni del figlio.
30 ottobre 2018. Vimercate, provincia di Monza. Nell’aula di un istituto tecnico si spengono le luci e una professoressa di 56 anni viene aggredita con il lancio di una sedia.
18 ottobre 2018. Arezzo. Un uomo chiede ad un gruppo di ragazzi di smettere di lanciare sassi in un parco pubblico. Finisce all’ospedale, i ragazzi hanno tutti tra i 13 e i 14 anni.
20 aprile 2018. Velletri. Emerge un video, risalente al 2017, in cui uno studente aggredisce e minaccia verbalmente una professoressa. Il tutto è filmato e pubblicato sui social.
10 aprile 2018. Lucca. In una classe di 16enni 6 alunni aggrediscono verbalmente un professore con insulti, minacce e umiliazioni. Il tutto è filmato da un compagno e pubblicato sui social.
28 marzo 2018. Alessandria. In una prima superiore alcuni studenti legano alla sedia e prendono a calci una professoressa con difficoltà motorie. Il tutto è filmato e pubblicato sui social.
1° febbraio 2018. Caserta. Un ragazzo di 17 anni ferisce con una coltellata al volto la professoressa 54enne di italiano che voleva interrogarlo.
Questi episodi sono solo alcuni dei casi di bullismo e aggressioni verso gli adulti da parte di ragazzi, spesso minorenni, che si sono verificati in Italia nel 2018. Le dinamiche in gioco non sono diverse dagli episodi in cui la vittima è coetanea degli aggressori: c’è un leader che guida l’azione, ci sono i gregari che lo seguono e partecipano attivamente e c’è un gruppo che sostiene più o meno direttamente i comportamenti aggressivi dei leader. Nei filmati, facilmente reperibili online, si sentono le risate e gli schiamazzi che fanno da sottofondo a queste aggressioni, qualcuno ride, qualcuno filma e qualcun altro se ne sta in silenzio. Nessuno cerca di fermare l’aggressione.
Parlando dell’identità sociale abbiamo visto quanto sia una componente importante della propria identità, soprattutto nella delicata fase dell’adolescenza, tuttavia guardando questi filmati risulta davvero difficile credere che nessuno dei ragazzi coinvolti negli episodi abbia trovato la forza, la personalità e la sicurezza per cercare di andare controcorrente, di mettersi in mezzo e di “aprire gli occhi” dei propri compagni sulla gravità, sulla portata e sulle conseguenze dei loro gesti.
La sfida al mondo adulto è una componente sana ed importante nella ridefinizione di sé stessi che avviene durante l’adolescenza, ma questi episodi alzano l’asticella ad un livello troppo pericoloso per gli stessi adolescenti. Concedergli la possibilità di comportarsi in un certo modo vuol dire riconoscere loro un potere che non possono essere in grado di gestire. I comportamenti aggressivi e negativi del bullismo sono sintomo di un disagio più profondo, di un’incapacità di empatia e riconoscimento delle emozioni che deve metterci in allerta e che richiede un intervento deciso e immediato, ma soprattutto di un attento lavoro di prevenzione in cui protagonisti sono la famiglia e la scuola.
Bibliografia
Serino, C., Antonacci, A. (2013). Psicologia sociale del bullismo. Roma, Italia. Carocci Editore.
Goleman, D. (1995). Emotional Intelligence. New York, USA. Bantam Books.
Loeber, R., Hay, D. (1997). Key issues in the development of aggression and violence from childhood to early adulthood. Annual Review of Psychology, 48, 371-410.